Vita di Ludwig van Beethoven

1783



Il nuovo incarico di vice-organista fece sì che il ragazzo si trovò ben presto con la giornata completamente piena di impegni anche perché, dal 2 marzo 1783, Beethoven entrò nell'orchestra della sua città come clavicembalista e, anche in questo evento, sembra che Christian Gottlob Neefe giocò un ruolo veramente strategico. Inoltre ebbe il compito di accompagnare le prove dei cantanti e di continuista nelle opere in programma e nei concerti. Lo stesso Neefe fu probabilmente l’ispiratore dell’articolo che, proprio nello stesso giorno Beethoven entrò nell’orchestra, apparse sul “Magazin der Musik” di Carl Friedrich Kramer: «Luis van Beethoven, (…) un ragazzo di circa 11 anni e dal talento promettente. Suona il pianoforte in modo molto spedito e con forza, legge molto bene a prima vista e per riassumere tutto in una parola: suona principalmente il Clavicembalo ben temperato di Sebastian Bach che gli è stato dato dal signor Neefe che gli ha anche impartito qualche lezione di basso continuo. Adesso lo fa esercitare nella composizione, per incoraggiarlo, ha fatto pubblicare a Mannheim 9 variazioni composte da Beethoven per pianoforte. Questo giovane genio merita un sussidio perché possa viaggiare. Diventerebbe senz'altro un secondo Wolfgang Amadeus Mozart».(1) 

Tutta questa attività fu probabilmente più maestra per lui che quello che apprese dal maestro stesso, sempre su consiglio del quale, Beethoven prima del 14 ottobre, scrisse quella che fu la prima lettera a noi pervenuta del suo epistolario. Il destinatario fu il principe elettore Maximilian Friedrich il fine fu quello di cercare la sua benevolenza e quei denari che gli sarebbero serviti per poter viaggiare e per poter crescere musicalmente. A tal scopo annunciò al principe la dedica delle tre Kurfürstensonaten.

Eccone un piccolo estratto molto significativo che dimostra, come fin dalla più tenera età, fosse già ben radicato nel pensiero di Beethoven il suo rapporto con la sua arte: «(...) nelle ore di ispirazione sento la musa sussurrarmi: «Perché non provi a scrivere le armonie della tua anima?» (...) E che cosa ne direbbero gli artisti maturi? La cosa m'intimidiva molto, ma non seppi disobbedire alla volontà della musa e mi misi a scrivere. (...)».(2) 

Il 16 agosto la famiglia Beethoven fu colpita da un nuovo lutto per la morte dell’ultimo figlio Franz Georg, nato circa il 17 gennaio 1781. 

Verso ottobre/novembre, secondo quanto riportato dal “Memoriale dei Fischer”,(3) il giovane Ludwig accompagnato dalla madre, intraprese un viaggio per Rotterdam. L'invito a recarsi in quella città per esibirsi al pianoforte gli venne fatto da Anna Maria Rovantini, nipote di Maria Magdalena e sorella del violinista Franz Georg. I ricordi più accesi di questo «viaggio inutile», come Beethoven lo giudicò, furono legati al grande freddo che patì sul barcone e alla spilorceria molto accentuata degli olandesi.

Probabilmente a Rotterdam si incontrò con Carl Stamitz, violinista e compositore boemo che, proprio in quegli anni, girò in lungo e in largo l'Europa. Questi fu un rappresentante fra i più quotati della cosiddetta “Scuola di Mannheim”, scuola che sviluppò un nuovo stile orchestrale che si discostò da quello Galante, dominante in quegli anni. Di ritorno da Rotterdam, il giovane Beethoven partì poi per L'Aja dove, il 23 novembre, suonò con l'orchestra del principe Guglielmo V di Orianen-Nassau e Carl Stamitz, nello Stadhouderlijk della città, ricevendone come compenso 63 fiorini.

H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore

Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandenburg. Skira editore

La famiglia Fischer fu vicina di casa dei Beethoven durante l’infanzia di Ludwig ed è a loro che dobbiamo le prime testimonianze biografiche sul futuro compositore.

  Opere di Ludwig van Beethoven

1782

1

Nove variazioni per pianoforte in do- su una marcia di Ernst Christoph Dressler WoO 63 (Biamonti 1) 

L'opinione di gran lunga più ricorrente è che questa fu la prima opera composta da Beethoven fra gli 11 e i 12 anni nel 1782 e, non 10, come dichiarato nel titolo di prima presentazione dell’opera per via della bugia voluta dal padre Jean che andò affermando che il figlio aveva solo 10 anni, essendo nato nel 1772 – cosa che Beethoven credette fino al 1810 – per spacciarlo come un altro giovane prodigio al pari di Mozart.

Queste Variazioni su un tema di Ernst Christoph Dressler, furono pubblicate nel 1782 a Mannheim (Götz) e dedicate alla contessa Felicita Wolf Metternich, anch'essa allieva di Christian Gottlob Neefe. Il manoscritto originale è andato invece perduto. Le pubblicazioni posteriori viennesi, a cominciare da quella del 1803, la "Hoffmeister, 328", se ne differenziano per una maggior cura nei particolari dell’esposizione melodica (con l’introduzione di numerose legature e segni di staccato), per qualche accordo più nutrito e il rafforzamento all’ottava inferiore di qualche nota del basso. Inoltre la figurazione dell’ultima variazione (maggiore), che porta egualmente l’indicazione Allegro, è scritta in biscrome invece che in semicrome.

È molto significativo - e non certo un caso - che il catalogo beethoveniano inizi con delle Variazioni per pianoforte solo: il pianoforte fu sempre lo strumento per eccellenza del compositore, tutte le sue composizioni, comprese quelle per altri organici, nacquero su di esso e, Beethoven, prima di essere percepito come compositore fu, fino ai primi anni di Vienna, considerato fra i pianisti più grandi dei suoi tempi. Come ben si sa, la forma musicale  delle Variazioni poi, rappresentò uno vertici massimi per il compositore di Bonn che le portò a quella massima vetta che saranno le “Variazioni Diabelli Opus 120”.

Questa prima opera mi consente anche di correggere quello che è stato spesso – e in un certo senso lo è per molti a tutt’oggi - un giudizio molto condiviso da tanti e cioè che Beethoven, fu un “genio tardo”. Fu innanzi tutto la critica ottocentesca ad esprimere questa opinione e, questo perché, per vedere dei veri e propri lavori importanti, a loro avviso, si dovette attendere il periodo di Vienna e l’insegnamento di maestri di una certa levatura. Come vedremo invece, già nel periodo di Bonn – per altro molto scarso di lavori a parte gli ultimi 3 anni – Beethoven raggiunse dei risultati molto importanti.

Fu proprio sempre il pianoforte nella vita compositiva del compositore, a fare da apripista verso le grandi innovazioni che egli apportò poi in seguito anche negli altri generi musicali.

Così sarà per ogni suo periodo compositivo, sia che li si voglia considerare, come solitamente si fa, nel numero di tre, sia che li si voglia portare a cinque, dividendo il primo fra quello di Bonn e quello di Vienna e, dividendo il secondo – quello cosiddetto “Eroico” – in due: il primo fino al 1809 e il secondo fino al 1815.

Le Variazioni in questione nella profetica tonalità del do- ne sono la prima perfetta testimonianza.

Se un critico come Quirino Principe, ad esempio, di questa sua prima composizione afferma: «questa prima invenzione originale dell'arte beethoveniana non dà molte emozioni, ma ci incuriosisce per il latente umorismo che le percorre da cima a fondo»,(1) il pianista e musicologo Luca Chiantore afferma che seppur essa è «un’opera spesso prevedibile, non mancano intuizioni di grande futuro, che tengono la scrittura pianistica al centro dell’attenzione. Un buon esempio è il movimento a mani alterne della Variazione V; il movimento è essenzialmente digitale perché l’irregolarità del disegno non sembra favorire l’intervento del braccio, e tuttavia la scrittura è ideale per generare una sonorità fluttuante, coerente con le funzioni armoniche di ogni accordo. La distribuzione delle diverse formule sembra esplicitare una tensione che non percepivamo nel tema, una tensione concretizzata nel diverso attacco del tasto che ogni battuta invita a realizzare (…). Le prime  quattro battute mostrano fino a che punto la forma è in relazione con i diversi punti di attacco necessari in ciascun momento e con la sonorità che questi producono nei vari casi (…). La compensazione e la simmetria delle funzioni armoniche (tonica-dominante dominante-tonica) si arricchisce - grazie ad un Beethoven di soli 11 anni – di una nuova prospettiva che invano cercheremmo nelle opere contemporanee di Haydn e Mozart».(2)





Amedeo Poggi e Edgar Vallora: Beethoven. Signori il catalogo è questo! Einaudi editore

Luca Chiantore. Beethoven al pianoforte. Il Saggiatore editore


 Vita di Ludwig van Beethoven

1770/82


Prima venne Ludwig Maria van Beethoven nell’aprile 1769 che visse solo sei giorni, poi arrivò Ludwig van Beethoven che nacque a Bonn nella Bongasse al n. 20 – oggi Beethoven-haus - da una famiglia cattolica – il padre si chiamava Jean van Beethoven(1) e la madre Maria Maddalena Layme -  e fu battezzato il 17 dicembre 1770. La data della sua nascita si potrebbe quindi aggirare tra il 15 e il 17 dicembre. Se diamo credito a quanto scritto in una lettera del 15 dicembre 1796 del suo maestro Johann Georg Albrechtsberger, la data esatta sarebbe il 16 dicembre: «Mio caro Beethoven, per il suo onomastico di domani Le faccio i miei migliori auguri»(2) Ovviamente si tratta di un genetliaco e non di un onomastico e, proprio per questa svista, la lettera, come  le altre due dello stesso Albrechtsberger a noi pervenute, sono di dubbia certezza. Beethoven però affermò per tutta la vita che era il 15.

La famiglia van Beethoven era di origine fiamminga ma, il nonno Ludwig van Beethoven senior, arrivò a Bonn nel marzo del 1733, in qualità di cantante e musicista, presso la corte del principe elettore di Colonia Clemente Augusto. Per tutta la sua vita mantenne anche la sua attività di commerciante di vino che si portava dietro fin dalla sua città natale pur diventando, nel 1761, Kappellmister. In realtà, questa promozione, la dovette al conte Caspar Anton Carl von Belderbusch che, sostanzialmente, sia con Clemente Augusto sia con il suo successore, Maximilian Friedrich von Königsegg-Rothenfels, fu colui che per venticinque anni, fece il bello e il cattivo tempo a Bonn. Questi era amico della famiglia van Beethoven e, oltre a favorire nonno Ludwig nella sua nuova carica, aiutò il figlio Jean nella carriera di tenore presso il coro della cappella di corte anche e, soprattutto, nei momenti peggiori, quando veniva trovato spesso ubriaco. Non mancò infine pure di dare il sostegno al giovane Ludwig junior per avere una veloce affermazione nell’ambiente musicale della città.

Nonno Ludwig scomparve il 14 dicembre 1773, quando il piccolo nipote stava per compiere i tre anni ma, questo, non impedì a Ludwig junior di conservare sempre verso di lui, un sentimento di grandissimo affetto; tant’è che nel 1801, si fece spedire il suo ritratto a Vienna, conservandolo con sé per tutta la sua vita.

L’8 aprile 1774 fu battezzato, nella famiglia van Beethoven, un nuovo bambino a cui fu dato nome Kaspar Anton Karl; nome scelto proprio per onorare il conte Caspar Anton Carl von Belderbusch che gli fece da padrino mentre la madrina fu la sua amante, la badessa Caroline von Satzenhofen. Nello stesso anno la famiglia si trasferì nella piazza Auf dem Dreieck e, solo il 26 maggio a Bonn, in sostituzione del nonno Ludwig, venne nominato un nuovo Kappelmeister, il veneto Andrea Lucchesi.

Nel 1775 il piccolo Beethoven iniziò a frequentare la scuola latina tironiana e, il 30 settembre, morì la nonna Maria Josepha, moglie di Ludwig senior.

Nel 1776 la famiglia van Beethoven si trasferì in Rheingasse – vicino al fiume Reno - presso la casa della famiglia del panettiere Fischer. Questa famiglia giocò un ruolo importante per le uniche informazioni che si hanno sull’infanzia di Ludwig perché, nel 1838, il figlio Gottfried, scrisse il “Fischerdocument”, una serie di ricordi che gli erano stati trasmessi dai genitori sul giovanissimo compositore. Il trasferimento nella casa dei Fischer fu per un piccolo periodo interrotto perché Maria Maddalena fu convinta dal musicista di corte Brandt di trasferirsi, lei e la sua famiglia, nella sua casa che era molto più vicina alla corte, alla chiesa e al mercato. Ma, a Jean, questo posto non piaceva e, nel 1777, durante il grande incendio del castello, piangendo andò dai Fischer e chiese di poter lì tornare. I due piccoli Beethoven furono assai felici perché, affermavano, «il Reno ha acqua abbastanza per spegnere gli incendi».(3) Nel frattempo, il 4 ottobre 1776, fu battezzato un altro fratellino, Nikolaus Johann.

Se per il nonno, Ludwig ebbe grande ammirazione, fu assai probabile che non l’ebbe per il padre Jean. Questi fu un uomo di scarsa personalità e di grande debolezza, dedito all’alcol che rovinò sé stesso e l'intera sua famiglia. Alla morte di Ludwig senior, il figlio dovette far fronte ai debiti che lui gli aveva lasciato ma, oltre a questi, si ritrovò ad ereditare una somma che, oltre a coprire il denaro non pagato, gli permise di vivere molto bene per alcuni anni, potendosi permettere anche delle domestiche.

«Nei bei giorni d’estate, i tre figli dei Beethoven venivano portati dalle domestiche lungo il Reno dove giocavano sulla sabbia con gli altri bambini. Se il tempo non era bello, i giocavano nel cortile dei Fischer con i loro figli e con altri bambini del vicinato …

Quando Jean van Beethoven riceveva visita, e voleva che i bambini stessero lontani perché facevano confusione, la domestica li portava di sotto, li faceva sedere sul pavimento nudo e teneva a bada la loro curiosità indiscreta: poi i bambini sgaiottolavano a quattro zampe verso la porta. A causa di infreddatura Nikolaus riportò una piaga sulla testa e questo segno rimase visibile per sempre.

I figli di Beethoven non furono educati teneramente; spesso erano lasciati nelle mani dei domestici; il padre era molto severo nei loro confronti. Quando i bimbi erano con i loro coetanei potevano divertirsi a lungo in pace. A Ludwig piaceva farsi portare a cavalluccio e rideva di gusto.

Jean dava lezioni di canto e di pianoforte ai figli e alle figlie dei diplomatici inglesi, francesi e imperiali residenti a Bonn, ai signori e alle figlie dei nobili e anche a stimati borghesi …».(4) 

Fra gli innumerevoli difetti che Jean ebbe, bisogna però riconoscergli il merito di essersi reso ben presto conto che le qualità musicali di Ludwig andavano oltre la norma. Il problema, fu però, che il suo primo pensiero fosse quello di sfruttarlo cercando di farne un secondo Wolfgang Amadé Mozart. Ma Jean non era certamente paragonabile musicalmente  a Leopold Mozart che essendo un buon compositore artigiano, seppe bene come impartire la didattica al suo figlioletto. Jean invece ne fu del tutto incapace e, per di più, la confuse ad un eccessivo rigore educativo. I primi rudimenti musicali furono impartiti a Ludwig a cinque anni. II padre lo costringeva a stare in piedi su uno sgabello per arrivare a suonare alla tastiera del clavicordo, sottoponendolo a notevoli sofferenze psico-fisiche e proibendogli di improvvisare. «Una volta che per caso stava suonando senza spartito, suo padre entrò nella stanza e disse: “Che cosa sono queste sciocchezze che stai strimpellando a casaccio? Sai che non lo sopporto assolutamente, strimpella leggendo le note, se no tutto questo strimpellare sarà del tutto inutile”».(5) 

Questa cosa gli fu rimproverata, post mortem, dallo stesso Ludwig che imputò ai suoi comportamenti, le lacune della sua prima formazione. Ma se Jean con il figlio fu molto duro e assolutamente parco di complimenti, al di fuori delle mura famigliari si espresse in tutt’altra maniera: «Mio figlio Ludwig, è lui la mia sola gioia, compie tali progressi nella musica che tutti lo ammirano. Il mio Ludwig, prevedo che col tempo diventerà un uomo famoso nel mondo. Quelli fra i presenti che saranno testimoni di ciò, ricordino di queste mie parole».(6)   

La prima apparizione musicale in pubblico di Ludwig avvenne il 26 marzo 1778. In quell'occasione fu presentato come un bambino di soli sei anni pur avendone già sette: Jean ricorse a questo espediente per dare ancor più l’idea che suo figlio fosse un bambino prodigio. In quell’occasione eseguì alcuni concerti per clavicembalo e trii e, dato il successo, il tutto fu replicato a Colonia. Da quel momento la famiglia Beethoven organizzò altri concerti nella propria abitazione e anche in altre case della città.

Sempre nel 1778, Ludwig cominciò a prendere lezioni d’organo dall'organista di corte e direttore del teatro di Bonn, l’ottantenne Ëgidius Gilles van den Eeden ed iniziò già a svolgere l’attività di organista di corte. 

Nel 1779, il 23 febbraio, fu battezzata una sorellina a cui fu dato nome Anna Maria Franziska che, purtroppo, però morì il 27 febbraio. Iniziarono per Ludwig le lezioni con un amico del genitore, Tobias Pfeiffer, direttore musicale ed oboista in bande militari che aveva in comune con Jean l'amore per l'alcol. Per ricompensarlo, non avendo una fissa dimora, venne ospitato per un certo periodo in casa Beethoven. Fu probabile, infine, che proprio in quell’anno sia avvenuto il primo contatto di Beethoven con il “Clavicembalo ben temperato” di Johann Sebastian Bach. A farlo conoscere al ragazzo fu Nikolaus Simrock, a quel tempo suonatore di corno tedesco alla corte dell’Elettore di Colonia. 

Fu ospitato in casa van Beethoven, nel 1780,  anche Francesco Rovantini – detto Franz Georg, nipote di Maria Maddalena – che diede le prime lezioni di violino e viola a Ludwig. Nello stesso anno, il ragazzo prese lezioni private di latino, francese e italiano da Stephan Zambona, di organo da Johann Zensen e prese lezioni da Christian Gottlob Neefe che iniziò a insegnargli l’arte della composizione.

Questi era arrivato nella città renana nell’ottobre 1779 a seguito della compagnia teatrale di Gustav Friedrich Wilhelm Grossman. Le varie biografie beethoveniane lo indicano come primo maestro veramente importante di Beethoven. Ma, questa tesi, però non fu affatto suffragata da quanto scritto negli appunti dal dottor Franz Gerhard Wegeler che diventò un  amico molto intimo di Beethoven fin dal 1782 e a cui si devono, assieme agli appunti di Ferdinand Reis, alunno e poi amico intimo di Beethoven a Vienna, le prime note biografiche beethoveniane pubblicate nel 1838. Scrisse infatti il dottor Wegeler: «Neefe influì modestamente nell'educazione musicale del nostro Ludwig, il quale anzi lamentò le critiche che quegli, con eccessiva severità espresse riguardo ai suoi primi tentativi di composizione».(7) 

In quest'ultimi anni poi, ad opera di alcuni studiosi italiani – fra cui spicca molto autorevolmente Luigi della Croce – si è fatta strada la tesi che il maestro che veramente svolse il ruolo principale nella prima formazione musicale di Beethoven fu Andrea Luchesi che, nella sua qualità di Kappelmeister, fu diretto superiore dello stesso Neefe.  La motivazione di questo misconoscimento nei suo confronti, a detta dei sostenitori di questa tesi, sarebbe dovuta dal non voler ammettere che l’insegnate principe di quello che è stato uno dei massimi geni della musica tedesca e universale sia stato un italiano e, sempre secondo i sostenitori di questa tesi, Beethoven, nascose tutto ciò perché avrebbe avuto nei confronti di Luchesi delle remore di carattere personale, visto che egli come nuovo Kappelmeister portò via il posto a suo padre.

Nel 1781  Jean decise di fargli interrompere la scuola e tutti gli altri studi – forse riuscì a malapena a finire il ginnasio - perché volle che la sua istruzione fosse solo musicale: organo il cui insegnamento passò al frate francescano Willibald Koch e, per il resto, Neefe. Un altro fratellino nacque e fu battezzato il 17 gennaio di quell’anno e fu chiamato Franz Georg. Franz Georg Rovantini, purtroppo invece, il 9 settembre, a soli 24 anni, per un infezione morì.

Arriviamo dunque finalmente al 1782, anno fondamentale per Beethoven perché produsse le sue prime composizioni. Ma non solo questo accadde: fu l’anno, come già detto, in cui Beethoven conobbe un ragazzo di cinque anni più grande di lui: il futuro dottor Franz Gerhard Wegeler e, tramite lui, una famiglia aristocratica di Bonn: i von Breuning.

«Grazie al suo carattere amabile e solerte, un povero studente, poté in breve tempo divenire intimo della casa. Era costui Franz Gerhard Wegeler, figlio di un cittadino alsaziano, che sin da ragazzo aveva avvertito prepotentemente quella sete di sapere che gli avrebbe poi permesso di spezzare i vincoli della sua misera origine, e di divenire l'uomo esimo che egli fu per sé, per i suoi cari e i contemporanei. Nel 1782 conobbe il figlio di un musicista della cappella di corte del principe elettore, il quale, pur essendo un bambino già si infiammava entusiasticamente per la Musa dell'arte dei suoni (come l'altro per la scienza e l'arte) e già suonava in modo eccellente il pianoforte».(8) La casa in questione fu proprio quella della famiglia von Breuning, formata da Helene von Kerich vedova del consigliere di corte  Emanuel Joseph von Breuning morto nel 1777 in occasione dell’incendio del castello  e da quattro figli: Christoph, Eleonore, Stephan e Lorenz.

«Eleonore e Lorenz avevano bisogno di un maestro di piano, il giovane amico di Wegeler aveva bisogno di lezioni per mantenere se stesso e i suoi genitori. Così il giovane Ludwig van Beethoven venne introdotto nella casa ospitale di mia nonna. La signora, che in poco tempo gli si affezionò, divenne presto per lui quasi una seconda madre e seppe esercitare in molti modo un influsso moderatore sulla cocciutaggine del suo carattere che, talvolta diventava irruente. Ma fra i bambini e Beethoven si stabilì un durevole vincolo d'amicizia».(9)

Oltre al resto, da questo scritto apprendiamo anche che lo stato economico della famiglia Beethoven era precario. Evidentemente quei soldi che avevano ereditato dal nonno era già stato dilapidato e Jean non riusciva a tamponare le perdite, nonostante le sue varie attività.

Idealmente, lo scritto di Gerhard von Breuning, nipote di Helene e figlio di Stephan, si può collegare a quello del dottor Wegeler: «In questa casa, pur con tutta la vivacità giovanile, regnava un’armonia distesa e colta (…) un discreto benessere, si capisce facilmente che qui Beethoven facesse le prime felici scoperte della giovinezza. (…) Qui non solo trascorreva la maggior parte del giorno ma, a volte, anche la notte. Qui si sentiva libero, qui si muoveva con disinvoltura, tutto contribuiva a renderlo allegro e a sviluppare il suo spirito. (…) Il primo contatto col la letteratura tedesca, soprattutto con i poeti, e la sua prima educazione alla vita di società il giovane Ludwig li ebbe in seno alla famiglia Breuning».(10)  

Ma è sul carattere difficile e contraddittorio di Beethoven che è necessario soffermarsi.  Il professor Klaus Kropfinger, così ha scritto a tal proposito: «Non esiste un nucleo solido, una fissa identità dell’individuo. (…) A questo punto diventa potenzialmente portatore di identità (…) ciò che prima tale non era: la presentazione di errori e conversioni, di incostanze e cambiamenti, di fratture di casi e incidenti, di tentazioni, debolezze, vizi, colpe ed espiazioni, di sconfitte, di vanità, ghiribizzi, scabrosità, originalità, in breve: le qualità umane o troppo umane. Beethoven incarna tale concetto dinamico di identità. Proprio per questo motivo il problema della conquista della propria identità da parte di Beethoven appare di primaria importanza e di difficile risoluzione. In questa formazione di identità si possono chiaramente riscontrare – pur se in diversa collocazione temporale e in diverse sovrapposizioni e interconnessioni – tre fattori di decisiva importanza: la musica, l’amore per la madre sovrapposto e infine dopo la sua morte sostituito (…) in casa Breuning, le correnti ideologico-politiche derivate dall’Illuminismo e della Rivoluzione francese».(11)

Beethoven fu portato spesso ad eccessi di ingiustizia ma anche di grande generosità e tenerezza verso le persone e gli amici che lo circondarono. Importante è però affermare che gli elementi negativi del suo carattere, non aspettarono certo la sordità per manifestarsi, come lui cercò di far credere per scusarsi e giustificarsi in una sua lettera futura. La sordità fu, in realtà, l'ennesimo scherzo di un “destino” che accentuò notevolmente queste sue manifestazioni caratteriali. Ciò detto, non si deve però assolutamente dimenticare che sono anche queste caratteristiche che creeranno il grande genio e mito attorno alla sua figura e che renderanno possibile la «colonna portante della sua creatività. Il controllo del sentimento non avrebbe mai portato alle composizioni musicali che noi tanto ammiriamo».(12)

Illuminante e commovente fu quanto scrisse sull’argomento carattere Gerhard von Breuning: «Da quando divenne famoso, sino alla fine dei suoi giorni, soprattutto a causa della spiccata singolarità del suo carattere, diede luogo a un numero straordinariamente grande di aneddoti, il più delle volte non rispondenti a verità o assolutamente inventati di sana pianta o assolutamente deformati. Falsa è la descrizione fisica di Beethoven, quando si afferma: «Ha un aspetto robusto e tarchiato, e una forte corporatura (...). Il viso rotondo, sgraziato, rosso fortemente butterato, era incorniciato da una fitta, arruffata, capigliatura corvina», poiché il suo viso non era per nulla rosso, neppure butterato, ma solo punteggiato da cicatrici del vaiolo, come appare evidente nella maschera del visto che gli fu fatta, lui vivo nel 1812. Desidero invece confermare quanto afferma «un contemporaneo» nello stesso saggio su Beethoven: «Non appena una gentilezza lo rasserenava, subito si diffondeva sul suo volto tutto l'incanto dell'innocenza infantile; quando sorrideva si nutriva di fiducia non solo in lui, ma nell'umanità, tanto genuino e autentico egli era nel modo di parlare, nei movimenti e nello sguardo.

La realtà dei fatti attesta che le qualità del carattere di Beethoven erano la più grande generosità d'animo e la delicatezza dei sentimenti, unite a un temperamento facilmente irascibile, a diffidenza, al distacco dal mondo esterno, spesso accompagnati da un gusto sarcastico».(13) 

Alla fine di questo scritto è opportuno precisare che, il vaiolo, Beethoven l'ebbe durante l'infanzia ma non sappiamo esattamente a quanti anni.

Se Beethoven fu ben felice di insegnare ai von Breuning, non fu mai molto entusiasta di impartire lezioni ad altri, ed anche in questo Helene cercò di stimolarlo con risultati spesso vani.

Neefe nel 1782  diventò un personaggio molto importante nella città renana. La compagnia teatrale di Grossman – di cui lui era direttore – aveva fatto un contratto con il principe elettore Maximilian Friedrich che gli affidò la gestione teatrale e musicale della  corte della città. Di conseguenza Neefe, oltre che direttore della compagnia, divenne organista di corte. Troppi erano gli impegni che gravavano a questo punto sulle sue spalle, visto che spesso doveva anche assentarsi perché le recite erano anche in altre città e lui seguiva sempre la compagnia nelle varie trasferte. 

Questa situazione giocò a favore del giovane Ludwig che, già nel giugno dello stesso anno, fu fatto vice-organista con il compito di sostituire il maestro durante le sue assenze. Per lungo tempo però non ricevette alcun salario per questo suo lavoro perché, in base alle regole del tempo, i giovani dovevano prima fare un periodo di prova la cui scadenza dipendeva unicamente dalla morte di un musicista anziano. Solo a quel punto Beethoven avrebbe potuto inoltrare domanda di stipendio al principe elettore, cosa che, come vedremo, avvenne solo nel giugno del 1784 e dunque, esattamente due anni dopo l’avvenuto incarico di organista.

Da Jan Caeyers Beethoven ritratto di un genio Le Scie Mondadori. «I biografi tedeschi hanno sempre tedeschizzato il nome Jean van Beethoven in Johann van Beethoven. Ma poiché in vita l’uomo si faceva chiamare Jean, e poiché questo nome compare anche su tutti i documenti ufficiali, qui si adotterà la grafia originale fiamminga». 

Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandenburg. Skira editore

Da “Fischerdocument” riportato da Alexander Wheelock Thayer in: H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore

Da “Fischerdocument” riportato da Alexander Wheelock Thayer in: H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore

Da “Fischerdocument” riportato da Alexander Wheelock Thayer in: H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore

6  Da “Fischerdocument” riportato da Alexander Wheelock Thayer in: H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore

7 Franz Gerhard Wegeler/Ferdinand Ries: Beethoven. Appunti biografici dal vivo. Moretti e Vitali editore

8 Gerhard von Breuning: Ludwig van Beethoven nei miei ricordi giovanili. SE editore

Gerhard von Breuning: Ludwig van Beethoven nei miei ricordi giovanili. SE editore

10 Franz Gerhard Wegeler/Ferdinand Ries: Beethoven. Appunti biografici dal vivo. Moretti e Vitali editore

11 Klaus Kropfinger: Beethoven. Ricordi Lim editore

12 Klaus Kropfinger: Beethoven. Ricordi Lim editore

13 Gerhard von Breuning: Ludwig van Beethoven nei miei ricordi giovanili. SE editore