Opere di Ludwig van Beethoven

1782

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Nove variazioni per pianoforte in do- su una marcia di Ernst Christoph Dressler WoO 63 (Biamonti 1) 

L'opinione di gran lunga più ricorrente è che questa fu la prima opera composta da Beethoven fra gli 11 e i 12 anni nel 1782 e, non 10, come dichiarato nel titolo di prima presentazione dell’opera per via della bugia voluta dal padre Jean che andò affermando che il figlio aveva solo 10 anni, essendo nato nel 1772 – cosa che Beethoven credette fino al 1810 – per spacciarlo come un altro giovane prodigio al pari di Mozart.

Queste Variazioni su un tema di Ernst Christoph Dressler, furono pubblicate nel 1782 a Mannheim (Götz) e dedicate alla contessa Felicita Wolf Metternich, anch'essa allieva di Christian Gottlob Neefe. Il manoscritto originale è andato invece perduto. Le pubblicazioni posteriori viennesi, a cominciare da quella del 1803, la "Hoffmeister, 328", se ne differenziano per una maggior cura nei particolari dell’esposizione melodica (con l’introduzione di numerose legature e segni di staccato), per qualche accordo più nutrito e il rafforzamento all’ottava inferiore di qualche nota del basso. Inoltre la figurazione dell’ultima variazione (maggiore), che porta egualmente l’indicazione Allegro, è scritta in biscrome invece che in semicrome.

È molto significativo - e non certo un caso - che il catalogo beethoveniano inizi con delle Variazioni per pianoforte solo: il pianoforte fu sempre lo strumento per eccellenza del compositore, tutte le sue composizioni, comprese quelle per altri organici, nacquero su di esso e, Beethoven, prima di essere percepito come compositore fu, fino ai primi anni di Vienna, considerato fra i pianisti più grandi dei suoi tempi. Come ben si sa, la forma musicale  delle Variazioni poi, rappresentò uno vertici massimi per il compositore di Bonn che le portò a quella massima vetta che saranno le “Variazioni Diabelli Opus 120”.

Questa prima opera mi consente anche di correggere quello che è stato spesso – e in un certo senso lo è per molti a tutt’oggi - un giudizio molto condiviso da tanti e cioè che Beethoven, fu un “genio tardo”. Fu innanzi tutto la critica ottocentesca ad esprimere questa opinione e, questo perché, per vedere dei veri e propri lavori importanti, a loro avviso, si dovette attendere il periodo di Vienna e l’insegnamento di maestri di una certa levatura. Come vedremo invece, già nel periodo di Bonn – per altro molto scarso di lavori a parte gli ultimi 3 anni – Beethoven raggiunse dei risultati molto importanti.

Fu proprio sempre il pianoforte nella vita compositiva del compositore, a fare da apripista verso le grandi innovazioni che egli apportò poi in seguito anche negli altri generi musicali.

Così sarà per ogni suo periodo compositivo, sia che li si voglia considerare, come solitamente si fa, nel numero di tre, sia che li si voglia portare a cinque, dividendo il primo fra quello di Bonn e quello di Vienna e, dividendo il secondo – quello cosiddetto “Eroico” – in due: il primo fino al 1809 e il secondo fino al 1815.

Le Variazioni in questione nella profetica tonalità del do- ne sono la prima perfetta testimonianza.

Se un critico come Quirino Principe, ad esempio, di questa sua prima composizione afferma: «questa prima invenzione originale dell'arte beethoveniana non dà molte emozioni, ma ci incuriosisce per il latente umorismo che le percorre da cima a fondo»,(1) il pianista e musicologo Luca Chiantore afferma che seppur essa è «un’opera spesso prevedibile, non mancano intuizioni di grande futuro, che tengono la scrittura pianistica al centro dell’attenzione. Un buon esempio è il movimento a mani alterne della Variazione V; il movimento è essenzialmente digitale perché l’irregolarità del disegno non sembra favorire l’intervento del braccio, e tuttavia la scrittura è ideale per generare una sonorità fluttuante, coerente con le funzioni armoniche di ogni accordo. La distribuzione delle diverse formule sembra esplicitare una tensione che non percepivamo nel tema, una tensione concretizzata nel diverso attacco del tasto che ogni battuta invita a realizzare (…). Le prime  quattro battute mostrano fino a che punto la forma è in relazione con i diversi punti di attacco necessari in ciascun momento e con la sonorità che questi producono nei vari casi (…). La compensazione e la simmetria delle funzioni armoniche (tonica-dominante dominante-tonica) si arricchisce - grazie ad un Beethoven di soli 11 anni – di una nuova prospettiva che invano cercheremmo nelle opere contemporanee di Haydn e Mozart».(2)





Amedeo Poggi e Edgar Vallora: Beethoven. Signori il catalogo è questo! Einaudi editore

Luca Chiantore. Beethoven al pianoforte. Il Saggiatore editore